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Vanuatu un tuffo nel vuoto in mezzo al Pacifico

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In viaggio da Éfaté a Santo, da Tanna e il suo vulcano fino ai saltatori dell’isola di Pentecoste: i segreti di un arcipelago sconosciuto nel mezzo del Pacifico, noto per essere uno dei luoghi più felici al mondo. Forse perché ancora si trova al riparo dal turismo di massa.

Testo e foto di Luca Bracali

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Un arcipelago composto da 83 isole, di cui 65 abitate, situato sul limite orientale del mare dei Coralli. Ci troviamo dall’altra parte del mondo, in quella lontana Melanesia di cui fanno parte anche la Papua Nuova Guinea, la Caledonia e le Salomone. Però non siamo in nessuna di queste isole da sogno, ma in quell’arcipelago più remoto che forse in pochissimi conoscono, battezzato “Nuove Ebridi” nel periodo coloniale e poi divenuto ufficialmente Repubblica di Vanuatu. Le prime tracce di presenza umana risalgono al 4.000 a.C., anche se i primi insediamenti sono datati attorno al 1.300 a.C. Nel 1606 fu l’esploratore portoghese Pedro Fernández De Quirós il primo europeo a mettervi piede, spingendosi ben 1.750 km oltre la costa est dell’Australia.

Con i suoi 113 dialetti, Vanuatu è un tuffo nel passato, un salto indietro nel tempo non solo per cultura, lingua e tradizioni, ma per quei paesaggi così diversi e colorati, autentici, non devastati dal turismo, dove si riesce ancora a trovare quella dimensione umana di scoperta e di atmosfera intima.

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La capitale dell’arcipelago

Éfaté non è l’isola più grande ma è quella che ospita la capitale Port Vila; eppure ad una ventina di chilometri dal centro si scoprono coste immacolate con coralli emersi, circondate da una vegetazione lussureggiante e da un susseguirsi di palmeti. Eton Beach, Blue Lagoon e Mele Cascades sono sicuramente mete incontaminate che meritano una visita.

Le spiagge di Santo

Espiritu Santo, o semplicemente Santo, è l’isola più estesa dell’arcipelago e da molti viene considerata la più incantevole. Le montagne sfiorano i 2000 metri, la vegetazione è a tratti impenetrabile e alcune fra le oltre 90 grotte presenti sono immerse nella giungla, altre circondate da torrenti e cascate: la sensazione di avventura non manca. Nell’entroterra, percorrendo vari sentieri che si inerpicano nella foresta, si trovano villaggi che conservano un peculiare stile di vita, con gli indigeni che custodiscono integre le proprie tradizioni culturali. Santo è davvero l’isola delle sorprese e le sue Blue Holes, pozze d’acqua azzurra immerse nel verde più intenso, sono piccole oasi di pace dove vivere l’esperienza “refrigerante” di lanciarsi dall’albero con una liana. E per chi cerca una baia in cui rilassarsi, c’è Champagne Beach, una mezzaluna di sabbia bianca e finissima bagnata da un mare caldo e trasparente e circondata da palmeti. Per non farsi mancare niente, poco fuori dal capoluogo Luganville c’è Million Dollar Point, un autentico cimitero di armi americane della seconda guerra mondiale, lungo la costa.

La lava di Tanna: il vulcano Yasur

Con Tanna voltiamo pagina: un’isola di dimensioni decisamente più ridotte rispetto a Santo, con abbondante vegetazione nell’entroterra: qui si trova il baniano più grande dell’emisfero australe: una creatura ramificata in mezzo alla foresta la cui chioma misura fino a 70 metri di larghezza.

Nel vicino villaggio di Louwnapkamai vivono i Nikinamap, una delle tante tribù ancora immerse in un passato lontano dall’occidentalizzazione, dove la lingua, gli abiti e le tradizioni riescono a sopravvivere al tempo. Molti degli abitanti di Tanna sono legati alle tradizioni ancestrali e spesso si esibiscono in danze tradizionali o riti propiziatori in cui appaiono seminudi con i corpi decorati e colorati con estratti di erbe. Lungo le coste di Tanna merita una visita Blue Cave, una grotta semisommersa dal mare alla quale si accede in apnea, guidati da un fascio di luce solare che accende le acque di un turchese brillante. Un’esperienza assolutamente da vivere. Ma la perla di Tanna è Yasur, uno tra i vulcani più attivi al mondo, che da migliaia di anni emette fuoco e lava, posizionato proprio lungo la cintura di fuoco del Pacifico. Lo si può raggiungere facilmente, arrivando in jeep fino a qualche centinaio di metri dal cratere e proseguendo per l’ultimo tratto a piedi fino ad arrivare quasi a sfiorare il cono.

È impressionante sentir tuonare a cadenza ritmica la gola della caldera, e pochi istanti dopo assistere ad un’esplosione di fiamme e scie luminose, lapilli infuocati sparati in aria che poi si raffreddano solidificandosi nel giro di qualche secondo, ripiombando in quell’inferno dantesco. Planare sopra al cratere con il drone per calarsi all’interno del cono vulcanico, 30 metri al di sotto del punto di decollo, è un’esperienza sicuramente sconsigliata ai deboli di cuore: l’adrenalina va alle stelle, le gambe tremano.

I saltatori di Pentecoste

I saltatori di Pentecoste

Se Tanna è immersa nelle tradizioni, volando a Pentecoste ci si tuffa in un passato ancora più remoto. L’aeroporto di quest’isola è costituito da quattro mura in cemento senza porte né finestre, la pista di atterraggio è un campo in terra battuta. Tutto intorno: foresta. Le strade asfaltate non esistono: si viaggia su sentieri sconnessi immersi nella vegetazione. A Pentecoste si vive con la coltivazione della kava, un’erba allucinogena, che viene pagata 100.000 vatu (la moneta dell’arcipelago) per 100 chili, un prezzo nettamente superiore rispetto ad ogni altra coltura dell’arcipelago.

È qui che si può assistere ad uno spettacolo originalissimo ed unico al mondo: quello offerto dai saltatori di Pentecoste: gli inventori, pur senza saperlo, del moderno bungee jumping.

Lo praticano solamente gli uomini, anche se la leggenda narra che fu una donna, per sfuggire alle pressanti attenzioni sessuali del marito, la prima a gettarsi dalla cima di un albero con le caviglie legate. Il marito la inseguì ma, non essendosi assicurato ad una corda, finì per schiantarsi al suolo. Questa pratica, chiamata Naghol, non è imposta da parte dei genitori: si sceglie per pura passione, fin da bambini (alcuni raccontano di aver iniziato all’età di 7 anni). È una prova di coraggio e di abilità, un omaggio alla terra e alla fertilità degli uomini: consiste nel tuffo nel vuoto da strutture in legno di bambù alte 30 metri, con le caviglie assicurate a corde in giunco.

Il salto è impressionante, gli abitanti del villaggio gridano per incitare fino al momento del tuffo mentre il saltatore, con le mani strette al petto, vola in picchiata fino a toccare terra anche con il volto. Incredibilmente, nell’ultimo secolo si ricordano solamente due incidenti mortali: uno fu nel 1974, quando la regina Elisabetta venne in visita in queste isole ed un saltatore si schiantò proprio di fronte ai suoi occhi. Il segreto dei saltatori è trovare le liane perfette, scelte appositamente ed approvate da un esperto del villaggio; esse crescono con la stagione delle piogge nella foresta, e infatti questa usanza è praticata esclusivamente da aprile a giugno. Una ragione in più per visitare a primavera inoltrata questo arcipelago senza tempo.

Informazioni

sito ufficiale del turismo a Vanuatu: https://vanuatu.travel/en/

Come arrivare:  in aereo all’aeroporto internazionale di Bauerfield, 6km a nord della capitale Port Vila. Dall’Italia, almeno due scali con una delle seguenti compagnie:

  • Air New Zealand, Quantas, Emirates, Virgin Australia, Pacific Blue, Air Vanuatu –  da Auckland (Nuova Zelanda), Brisbane, Melbourne, Sydney (Australia).
  • Aircalin — Da Nouméa (Nuova Caledonia)
  • Fiji Airways— Da Nadi (Isole Figi) o da Honiara (isole Salomone)

Quando andare – Clima: Gli alisei moderano il clima da maggio a ottobre, che quindi è il periodo migliore in cui visitare l’arcipelago.

Fuso orario: UTC/GMT +11 ore (quando in Italia è autunno-invern), +10 (durante l’ora legale in Italia)

Documenti: Passaporto con validità di almeno 6 mesi.  Il visto di ingresso viene rilasciato all’arrivo in aeroporto  (per un soggiorno inferiore ai 30 giorni).

Vaccini:Nessuno obbligatorio. Può essere utile la profilassi antimalarica.

Lingua: inglese e francese (ufficiali). bislama (lingua locale)

Religione:  in maggioranza cristiana (protestanti 35,7%, cattolici 14,6%, anglicani 14%, altri 35,7%)

Valuta: vatu (1 euro=126.74 vatu, settembre 2019)

Elettricità: 220 V. È necessario un adattatore per prese di tipo I (utilizzate in Australia e Nuova Zelanda)

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